Sospeso 102 metri sopra il fiume Sicha, il ponte Renziqiao nasconde un passato oscuro. Costruito da lavoratori cinesi e un gruppo dimenticato di italiani, costò centinaia di vite. Oggi, la sua storia sussurra tra le montagne dello Yunnan, un tributo inquietante al sacrificio, all’ambizione e alla resistenza umana.

Spesso avvolto dalle nebbie del sud dello Yunnan, il ponte si estende su un burrone largo 65 metri, con archi d’acciaio che formano il carattere cinese ren (人, “persona”). Completato nel 1908 sotto il dominio coloniale francese, faceva parte di un progetto ferroviario per trasportare risorse dal sud-ovest cinese all’Indocina francese. Ma il prezzo umano fu enorme: circa 800 lavoratori cinesi morirono per quei 65 metri di binari – quasi 12 vite per ogni metro di rotaia.
I lavoratori, provenienti soprattutto dallo Yunnan e da province costiere come Fujian e Zhejiang, affrontarono condizioni estenuanti. Trasportavano rotaie da 25 kg e traversine da 35 kg su pendici scoscese, sfidando frane, malaria e inverni gelidi. Un giornale francese descrisse il lavoro come una “danza sopra la morte” , frase oggi incisa su una targa del sito. Ma la storia del ponte non parla solo di loro.
Nascosto tra le pieghe del tempo c’è il contributo degli operai italiani di Marchirolo, un paese vicino a Varese, arruolati per la loro esperienza nel lavoro dell’acciaio. Uomini lontani da casa, che persero la vita negli stessi pericoli che falciarono i cinesi.
Un Capolavoro Ingegneristico e una Tragedia Umana

Il ponte fu un opera rivoluzionaria: l’ingegnere francese Paul Borden ideò un metodo per calare travi d’acciaio da entrambi i lati del burrone fino a unirle in un arco a V. Al tempo, The Times lo inserì tra le tre meraviglie ingegneristiche del mondo, insieme ai canali di Suez e Panama. Ma dietro questo successo si nascondeva la sofferenza. I lavoratori, su ponteggi precari senza protezioni, vedevano esplosioni di dinamite scatenare frane mortali.
Il contributo italiano, benché poco documentato, fu cruciale. Gli uomini di Marchirolo, esperti in metallurgia, plasmarono l’intricata struttura d’acciaio. La loro abilità non li salvò: molti morirono, e oggi i loro nomi sono quasi tutti dimenticati.
Il ponte divenne simbolo di sfruttamento coloniale, permettendo alla Francia di estrarre stagno e altre risorse dallo Yunnan (soprattutto a Mengzi) per spedirle al porto vietnamita di Hai Phong.
Voci Dimenticate: Gli Operai Italiani di Marchirolo

All’ombra della celebrità del ponte, si cela una storia poco nota. Nel 1903, un gruppo di operai italiani di Marchirolo si unì al progetto. Assunti per le loro competenze tecniche, lavorarono fianco a fianco con gli operai cinesi per assemblare i componenti in acciaio del ponte. Le lettere inviate a casa, conservate negli archivi locali, rivelano la loro meraviglia di fronte a paesaggi mai visti e la disperazione per le condizioni estreme in cui versavano.
Particolarmente interessante è il diario scritto da Busti Carlo, ritrovato nell’archivio del Comune di Marchirolo.
Questi sono alcuni frammenti delle sue lettere:
17 Febbraio 1904
Notte insonne e dolorosa, da mezzanotte cade acqua a dirotto. Tutta la mia pagliotta è inondata. Il letto fradicio. Fa freddo ed ho le coperte inzuppate d’acqua. Pazienza, forza e coraggio. Posso discendere dal letto e fare qualche passo. Il mio piede è gonfio in un modo straordinario.
Cari figli miei, e oggi il mio natalizio; compio in oggi il mio 37mo anno di età. Un anno di più ed un anno meno. Comunque coraggio e confidiamo in Dio. Chi in Lui confida avrà pace e benessere e la vita eterna. E’ Lui che ci prova, e Lui che ci castiga per le nostre colpe, è Lui che ci premie per le nostre opere buone.
Da qui, da questi lontani paesi, in oggi il mio pensiero corre alla mia adorata famiglia ed ai miei cari defunti, e più fervorosamente prego e benchè ammalato, non so, mi sento bene, mi sento leggero, mi sento forte.

Alcuni dei suoi interventi sono molto interessanti, poiché forniscono una prospettiva unica dal punto di vista di un lavoratore che proveniva da un piccolo paese italiano di periferia agli inizi del ‘900 e che è stato testimone per la prima volta delle usanze di persone che non avevano mai visto nessuno straniero.
Il 16 Febbraio (tra l’altro il giorno del mio compleanno), per esempio, descrive la Festa del tè, che in realtà si chiama Festa delle lanterne (non so bene perché l’abbia chiamata così):
16 Febbraio 1904
…Nessun abitante del Celeste Impero fa meno di 15 giorni di baccanale, dandosi a tutti i divertimenti leciti ed illeciti, alle pazzie più stravaganti, al gioco con denaro, ed il cinese è portato moltissimo a ciò, ai bagordi, ed anche al furto. All’ubriachezza poi, non se ne parla…
…In tutti i paeselli poi danno rappresentazioni teatrali pubbliche. Rappresentazioni scandalosissime, ove il peccato culminante è la pederastia esercitata in dette rappresentazioni. Cose insomma che mettono schifo e ribrezzo. Questa festa costa però la vita a molte persone. Le indigestioni, l’ubriachezza fanno numerose vittime. Altre vittime il coltello ed il coup-coup e moltissime ne fa la poco simpatica spada dei poliziotti, per misse, per incendi, e per ferite.
Coloro che possono morire d’indigestione o di ubriachezza si chiamano felici, perché dicono che il Buddha fa loro una grazia di chiamarli al regno eterno di gioia e di amore, nel mentre si celebravano le feste in onore al Buddha stesso, e codesti poveri di mente e di cuore fanno a chi più mangia e a chi più beve per crepare.
Mi raccontò un missionario cattolico, che in un paese di circa 3000 abitanti, poco discosto da Lan-Gam, l’anno scorso al quarto giorno di festa, ben 128 cinesi erano morti di congestione cerebrale. Che paesi barbari! Mio Dio! Bisogna essere qui per credere.
Questi diari sono a tratti divertenti e a volte tristi. In uno dei racconti, i braccianti francesi iniziano addirittura a scrivere canzoni contro il datore di lavoro:
4 Marzo 1904:
Bel tempo. Dio sia lodato. Natalino tutt’ora assente. Gli impiegati francesi cominciano a cantare qualche verso della loro composizione. L’hanno intitolata “la balade des implices” (la canzone degli sfruttati). Il primo punto è così:
“Mi disse Natale, io ti fo la parte bella – non bisogna battere il tacco, bisogna lasciar Parigi
II° – Vieni dunque a Junan (Yunnan) – là beverai del champagne- là troverai belle donne- là sarà un paradiso
III° – Ma vedo però che son tutte menzogne – di ciò che Bozzolo mi ha detto- qui non v’è nulla di buono- altro che della gran nebbia ed umidità.
VIIII° – Altro che prometterci champagne – ed ogni comodità – Qui il champagne è l’acqua del Nou-Ty – Ed il vitto benchè carissimo è una vera porcheria
XI° Al povero proletario che venne qui per fare una strada ferrata in questo canaglia paese e sotto codesta impresa assassina e ladra…”
La campana non è proprio del tutto soddisfaciente per un’impresa, ma è la pura verità, il vero ritratto di codesta troppo malaugurata spedizione. Alcuni pronosticano già il completo insuccesso di Natale ed i più maltrattati glie lo augurano.
Io già sono sempre nella mia stalla, umida, puzzolente e schifosa. Basta, portiamo pazienza.
Uno degli ultimi ricordi visibili di questa incredibile storia è questo murales a Marchirolo.

Sono stati fatti alcuni tentativi per trovare alcuni discendenti di Carlo Busti e i suoi compagni di lavoro, ma finora nessuno ha avuto successo.
Se per caso sai qualcosa di più su questa storia, non esitare a contattarmi su Instagram.
Da Strumento Coloniale a Icona Culturale

Dopo il 1949, la ferrovia fu nazionalizzata e rimase vitale per il trasporto merci fino al 2005. Oggi il ponte è meta turistica, grazie al nuovo trend tra i Cinesi, sempre più alla ricerca di luoghi autentici e poco affollati.

Nel 2007, diversi abitanti della zona sono stati trasferiti in un villaggio “tradizionale” Miao vicino al ponte.
Il trekking fino a Renziqiao, a Pingbian, è spettacolare: si cammina sui binari (passa solo un treno merci al giorno) e si attraversano gallerie scavate a mano oltre 120 anni fa.
Alcuni tratti, vicino a Jiangshui e Kunming, sono diventati attrazioni turistiche più organizzate.
Yunnan-Vietnam Railway Tented Resort

Lo Yunnan-Vietnam Railway Tented Resort offre un soggiorno unico se vuoi immergerti completamente nella storia della costruzione della ferrovia visto che si trova esattamente sul terreno dove sorgeva il villaggio in cui vivevano gli italiani.
Le tende sono incredibilmente belle e ricalcano la struttura degli alloggi dei lavoratori. È possibile partecipare a visite guidate al ponte e alle gallerie vicine.




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Nonostante il loro ruolo, gli italiani sono stati quasi del tutto omessi dai documenti ufficiali. Restano solo nomi in registri paghe e una foto sbiadita di lavoratori europei.
Il loro accampamento, un tempo vicino al ponte, è in rovina. Ma la loro memoria vive nel resort, costruito dove un tempo sorgevano le loro baracche.
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In questo articolo trovi la mia guida di viaggio alle terrazze di riso di Samaba, un altro posto incredibilmente bello nello Yunnan, dove sorge un altro resort sempre di Vinetree.
In questo articolo spiego come attraversare il confine tra lo Yunnan e il Vietnam.
Grazie Fabio per averci raccontato e fatto conoscere questo pezzo di storia estremamente interessante.
Grazie a te Barbara. Sono contento ti sia piaciuto questo racconto.